DOTT. PELLICANO EZIO-STUDIO DI PSICOTERAPIA COGNITIVO-COMPORTAMENTALE

BULLISMO... La voce grossa del branco.

Con il termine bullismo, traduzione italiana dell’inglese “bullying”, definiamo un insieme di comportamenti con i quali qualcuno compie ripetutamente azioni o affermazioni per avere potere su un’altra persona o per dominarla.

 “Il bullismo è una sottocategoria del comportamento aggressivo, un tipo di comportamento aggressivo particolarmente cattivo, in quanto è diretto, spesso ripetutamente, verso una vittima particolare che è incapace di difendersi efficacemente, perché è più giovane, o meno forte o psicologicamente meno sicura” (Fonzi, 2006).

 Rispetto ai normali conflitti fra coetanei (anche di età molto giovane), il bullismo si distingue per la presenza di alcuni fattori essenziali:

  • presenza di un persecutore (in posizione up) e di una vittima (in posizione down)
  • intenzione, da parte del persecutore, di fare male, e totale mancanza di compassione verso la vittima
  • durata prolungata nel tempo, che fa diminuire l’autostima da parte della vittima, con conseguenze pesanti, come il disinvestimento verso la scuola
  • posizione di potere da parte del bullo (a causa dell’età, della forza fisica, ecc.)
  • posizione di vulnerabilità da parte della vittima, che non è in grado di difendersi da sola ed è in una situazione di totale isolamento e mancanza di sostegno da parte degli altri membri del gruppo
  • mancanza di sostegno:la vittima si sente isolata ed esposta, spesso ha molta paura di riferire gli episodi di bullismo perché teme rappresaglie e vendette
  • conseguenze: il danno per l’autostima della vittima si mantiene nel  tempo e induce la persona  a un  considerevole disinvestimento dalla scuola oppure alcune vittime diventano a loro volta aggressive.

Si tratta di una definizione più complessa rispetto a quanto non appaia a prima vista, poiché non si riferisce a un singolo atto, ma a una situazione relazionale considerata nel suo svolgersi nel tempo.

E’ possibile distinguere tra BULLISMO DIRETTO (che comprende attacchi espliciti nei confronti della vittima e può essere di tipo fisico o verbale) e BULLISMO INDIRETTO (che danneggia la vittima nelle sue relazioni con le altre persone, attraverso atti come l’esclusione dal gruppo dei pari, l’isolamento, la diffusione di pettegolezzi e calunnie sul suo conto, il danneggiamento dei suoi rapporti di amicizia). Quando le azioni di bullismo si verificano attraverso Internet (posta elettronica, social network, chat, blog, forum), o attraverso il telefono cellulare si parla di cyberbullismo.


 E PER CYBERBULLISMO ?

Il cyberbullismo è definito come un atto aggressivo, intenzionale condotto da un individuo o un gruppo usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima che non può facilmente difendersi (Smith, P. K., del Barrio, C., & Tokunaga, R. S., 2013). Esso ha però delle caratteristiche identificative proprie: il bullo può mantenere nella rete l’anonimato, ha un pubblico più vasto, ossia il Web, e può controllare le informazioni personali della sua vittima.

La vittima al contrario, può avere delle difficoltà a scollegarsi dall’ambiente  informatico, non sempre ha la possibilità di vedere il volto del suo aggressore, e può avere una scarsa conoscenza circa i rischi insiti nella condivisione delle informazioni personali su Internet .Proprio per queste maggiori difficoltà da parte della vittima, talvolta essa può arrivare a compiere atti davvero tragici. Una recente ricerca ha cercato di studiare meglio il fenomeno del suicidio adolescenziale e se effettivamente l’associazione cyberbullismo – suicidio adolescenziale sia statisticamente significativa quanto si crede. Gli autori dello studio hanno così concluso che il cyberbullismo è un fattore presente in alcuni suicidi ma quasi sempre ci sono altri fattori come la malattia mentale o la presenza di altre forme di bullismo, come quello faccia a faccia. Il cyberbullismo in genere rientra nel contesto del normale bullismo.

I segnali che possono aiutare un genitore a capire se il proprio figlio è vittima di cyberbullismo sono i seguenti:
– Utilizzo eccessivo di internet.
– Chiudere le finestre aperte del computer quando si entra nella camera.
– Rifiuto a utilizzare Internet.
– Comportamenti diversi dal solito.
– Frequenti invii attraverso Internet dei compiti svolti.
– Lunghe chiamate telefoniche e omissione dell’interlocutore.
– Immagini insolite trovate nel computer.
– Disturbi del sonno.
– Disturbi dell’alimentazione.
– Disturbi psicosomatici (mal di pancia, mal di testa, ecc).
– Mancanza d'interesse in occasione di eventi sociali che includono altri studenti.
– Chiamate frequenti da scuola per essere riportati a casa.
– Bassa autostima.
– Inspiegabili beni personali guasti, perdita di denaro, perdita di oggetti personali.

 

QUANDO PARLARE DI BULLISMO?

Perché si possa parlare di bullismo è necessario che siano soddisfatti alcuni requisiti:

  • i protagonisti sono sempre bambini o ragazzi, in genere in età scolare, che condividono lo stesso contesto, più comunemente la scuola;
  • gli atti di prepotenza, le molestie o le aggressioni sono intenzionali, cioè sono messi in atto dal bullo (o dai bulli) per provocare un danno alla vittima o per divertimento;
  • c’è persistenza nel tempo: le azioni dei bulli durano nel tempo, per settimane, mesi o anni e sono ripetute;
  • c’è asimmetria nella relazione, cioè uno squilibrio di potere tra chi compie l’azione e chi la subisce, ad esempio per ragioni di età, di forza, di genere e per la popolarità che il bullo ha nel gruppo di suoi coetanei;
  • la vittima non è in grado di difendersi, è isolata e ha paura di denunciare gli episodi di bullismo perché teme vendette

 

 In tutte le situazioni di prepotenza bullistica, si presentano costantemente gli stessi ruoli:

 

  • il prepotente: di solito si tratta di una persona con deboli capacità empatiche, preferisce atteggiamenti violenti e sembra essere spinto da un forte desiderio di dominare l’altro. Se è un maschio si impone con la forza fisica, se è una femmina con la maldicenza
  • la vittima che può essere passiva, cioè isolata o addirittura emarginata dal gruppo, oppure provocatrice, lasciata da parte perché aggressiva e collerica. La vittima passiva presenta una bassa autostima e scarsa fiducia nelle proprie possibilità, è ansiosa e insicura e piange spesso. La vittima provocatrice, al contrario è iperattiva e facilmente irritabile
  • gli spettatori, che spesso sono indifferenti a quanto accade e, proprio per questo, corresponsabili.

 

Il comportamento degli spettatori è di fondamentale importanza sia per:

  • effetti individuali a breve termine (togliere potere al bullo, la vittima che avvertono qualcuno che le difende sono meglio adattate.
  • effetti individuali a lungo termine: le memorie più negative delle vittime sono "a nessuno importava di me"

 

"Alla fine ci ricordiamo non le parole dei nostri nemici, ma il silenzio dei nostri amici"

(Martin Luther King)

 

CAUSE E CONCAUSE DEL BULLISMO

 Secondo gli studi effettuati negli ultimi anni, cause e concause del fenomeno sarebbero diverse, e spesso concatenate fra loro.

 Fra le principali cause:

 

  • scarsa competenza sociale da parte di entrambi i soggetti, bullo e vittima, che potrebbe derivare dallo sviluppo di una modalità di attaccamento poco corretta nei confronti dell’adulto caregiver (di solito, la madre) durante i primi mesi di vita del bambino
  • crisi del ruolo paterno, ormai diventato troppo “amicale”. I padri, infatti, non sarebbero più in grado di mantenere autorevolezza e di insegnare l’esistenza del senso del dovere e della regola, come “limitatore della libertà personale”
  • abbassamento, da parte dei ragazzi, della soglia della violenza e del senso della giustizia, e totale concentrazione su se stessi, a causa dell’eccessiva tolleranza adottata nello stile educativo genitoriale
  • crisi di valori da parte della società adulta, che non è più in grado di offrire punti di riferimento sicuri e modelli positivi di confronto per l’espressione del disagio degli adolescenti
  • crisi di valori da parte della famiglia, soprattutto se “allargata” e portatrice di problemi a livello di relazione, che non sa più aiutare gli adolescenti e i pre-adolescenti nel processo di costruzione della propria identità. Di conseguenza, i ragazzi si rivolgono al gruppo dei pari, che diventa la “famiglia – surrogato” all’interno della quale esprimere bisogni e desideri.

 

Fra le concause è possibile ritrovare:

  • problemi a livello psichico di uno dei genitori (anche non conclamati)
  • dinamiche comportamentali non contenute dagli insegnanti che hanno in carico i bambini.

 

 VITTIMA DI BULLISMO: COME CHIEDERE AIUTO

Può essere difficile per chi è vittima di bullismo chiedere aiuto, prima di tutto perché c’è la paura di essere considerato una spia. Ma è davvero importante comunicare e non rimanere in silenzio, altrimenti si rischia di fare proprio il gioco dei bulli, e soprattutto non reagire con la violenza: bisogna promuovere i propri diritti ma senza abbassarsi al livello dei bulli.

Un primo passo può essere quello di confidarsi con un amico anche un coetaneo, e raccontare cosa sta succedendo per trovare sostegno e conforto. Il consiglio è comunque quello di parlarne con un adulto di cui ci si fida, come un genitore o un insegnante: si può fare anche non facendosi vedere e rimanendo nell’anonimato. Insieme sarà più facile trovare il modo giusto contrastare gli atti di bullismo

 

Dott. Ezio Pellicano

Psicoterapeuta Cognitivo-Comportamentale

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